Quarto / Rosa Capuozzo (2016)

Descrizione del caso

Nel gennaio 2016 il Comune di Quarto, amministrato dal M5S, entra in una tempesta politico‑giudiziaria. L’inchiesta della Procura di Napoli ruota attorno al consigliere Giovanni De Robbio, sospettato di vicinanze ambientali alla camorra e di pressioni sulla sindaca Rosa Capuozzo per ottenere vantaggi amministrativi. Capuozzo, elettrice e amministratrice 5S, denuncia pubblicamente le pressioni; il Movimento espelle De Robbio. La vicenda però esplode sui media nazionali: è il primo comune pentastellato associato a ombre di condizionamento criminale.

Pur non essendo mai indagata, Capuozzo si trova nel mirino: le opposizioni locali invocano lo scioglimento, il M5S discute la sua permanenza. Il caso diventa un test dell’immagine di “integrità” del Movimento. La linea interna prevalente è di massima prudenza: prima viene sospesa, poi è espulsa dal M5S. Senza il sostegno politico, e nel clima di sfiducia crescente, Capuozzo rassegna le dimissioni. Il Comune viene commissariato.

Nel racconto mediatico nazionale, Quarto diventa un paradigma: chi sostiene il M5S parla di severità etica, chi lo avversa di improvvisazione e giustizialismo interno. La cronaca giudiziaria non porta elementi contro la sindaca, ma l’esito politico è durissimo: fine dell’esperienza amministrativa. La sequenza – denunce interne, espulsioni, dimissioni – cristallizza l’immagine di un Movimento che preferisce perdere una città piuttosto che perdere la faccia, mentre per altri è il segno di un’organizzazione incapace di gestire le crisi senza auto‑lesionismo.

Partiti o soggetti coinvolti

M5S (Rosa Capuozzo; Giovanni De Robbio); opposizioni locali; Procura di Napoli.

Analisi della narrazione di Travaglio

Marco Travaglio imposta il caso Quarto come prova della “diversità etica” del M5S. Il suo focus non è tanto la presunta infiltrazione, quanto la reazione: il Movimento “taglia il ramo” alla prima ombra. L’assenza di indagini sulla sindaca diventa argomento politico: la sua uscita non è colpa, ma sacrificio per preservare il marchio dell’onestà.

Sul piano retorico, Travaglio rovescia il frame dominante (M5S in crisi) in “M5S coerente”: enfatizza l’espulsione di De Robbio e lo strappo con la sindaca come atto di rigore. Insiste sulla contrapposizione con i partiti tradizionali, presentati come protettori dei propri fino alle condanne definitive. La “lezione” che ne trae è identitaria: meglio perdere un’amministrazione locale che la reputazione.

Nella sua narrazione scompaiono quasi del tutto i costi politici: fine della giunta, commissariamento, perdita di rappresentanza. Il caso, che potrebbe essere raccontato come sconfitta sul terreno della capacità di selezione del personale e di gestione delle crisi, diventa medaglia di coerenza. La tecnica è la “moralizzazione per sottrazione”: togliere dal quadro gli effetti negativi e lasciare solo il principio (rigore). Così Quarto entra nell’album delle “prove” a favore della superiorità morale pentastellata, nonostante la complessità reale della vicenda.

Questo schema – dissolvere la dimensione amministrativa e massimizzare quella etica – tornerà in altri casi M5S: le colpe restano individuali o di elementi devianti; il corpo del Movimento è sano e reagisce espellendo. Nel nostro dataset questo capitolo è la pietra angolare della cornice “autopulizia” che Travaglio attribuisce al M5S.

Frasi chiave

“Il M5S è l’unico che caccia i propri anche senza reati.”

“Meglio perdere una città che la faccia.”

“Quando c’è un’ombra di mafia, si taglia il ramo subito.”

Falsità, inesattezze e manipolazioni

Ignora l’assenza di garanzie procedurali nell’espulsione.

Minimizza l’impatto politico (commissariamento) sul territorio.

Trasforma una crisi organizzativa in trofeo morale.

Evita di discutere responsabilità di selezione del personale.

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